lunedì 26 dicembre 2011



Fotografia: la resa dei conti
Anche per la fotografia, così com'è nell'immaginario collettivo è arrivata l'ora della resa dei conti. E' arrivata l'ora di fare i conti con una tecnologia sempre più presente, a tratti anche invadente, ma ineludibile sia che la si veda positivamente, sia che la si avverta come invadente e scomoda. Sostanzialmente, si tratta di fare i conti con il "digitale". La scomposizione dell'immagine in vari strati, in diversi livelli, in diverse aree di lavoro, all'interno delle quali sia possibile un intervento. Ed è sostanzialmente questo aspetto che mette in crisi, in profonda crisi secondo me, i paradigmi che costituiscono l'idea formale della fotografia. L'espressione è, diciamo così, dubitativa, perché se la veridicità della fotografia, dava un senso di tranquillità, allo stesso tempo non convinceva più di tanto. In altre parole, da qualche anno questa "virtù della fotografia tradizionale, non appare più come un valore reale. Ma poi per quale motivo si ricorda una fotografia, se non per il suo grado di alterazione, di modificazione del mondo reale? Anche se poi in modo molto farisaico si sostiene esattamente l'opposto. In buona sostanza e anche molto umilmente, la tecnologia digitale sollecita una rivalutazione della percezione finale, attraverso un modo nuovo, più aperto e sperimentale, dove gli aspetti, gli elementi, i componenti dell'immagine sono organizzati, studiati, sperimentati e amplificati fino, e oltre il limite stesso della manomissione. Del resto occorre fare una precisazione, la fotografia è essenzialmente una tecnica, e in quanto tale nasce da precise conoscenze meccaniche, ottiche e chimiche. All'inizio, al suo debutto sulla scena mondiale, ai primi dell'ottocento, la fotografia viene salutata con entusiasmo, come espressione del nuovo mondo, dell'industrializzazione, del nuovo che avanza... Fino a che qualcuno la volle inserire nel novero delle "nuove arti". Allora i puristi si ritrassero scandalizzati, scavando una profonda trincea tra l'arte e la tecnica, ignorando, o fingendo di ignorare che una tecnica fondamentale alla base della fotografia, veniva già utilizzata dagli artisti già dal cinquecento. Attegiamento ipocrita, potremmo dire... Già, né più né meno di quello di coloro che condannano l'intervento digitale sulle immagini. Ignorando che il vero depositario dell'immagine stessa, la vestale della rappresentazione non è l'autore, il fotografo, ma il fruitore finale, quello cui l'immagine è diretta, a cui l'immagine dà qualcosa, che sempre più spesso non è la mera informazione circa un evento del mondo reale, ma molto più frequentemente una serie di informazioni, sempre più complesse, sempre più raffinate, sempre più subliminali. E sempre più potenti. Oggi, anche in grado di indirizzare le scelte dei destinatari finali. Fotografia figlia della tecnica... della scienza... Quindi, sostanzialmente non è cambiato niente, dai primi anni dell'ottocento ad oggi, e allora perché ci sono ancora i puristi che gridano allo scandalo, additando meravigliati, increduli, e offesi l'intervento digitale nella fotografia, come fosse un tentativo di far abortire l'arte, come se si trattasse di una contaminazione che porta diretta alla morte dell'idea, all'imbastardimento della razza...
Ma purista, secondo me, fa rima con assolutista, con integralista, con talebano, e questo non mi piace. 

giovedì 1 dicembre 2011

mylifethroughtheobjects

Questa è la versione visiva di un vecchio giochino che faceva sempre mio figlio Oliviero, che consisteva nel definire una persona attraverso gli oggetti di uso comune... Lo chiamavamo "se fosse"