venerdì 8 aprile 2011

Odio il cinema... mi fa pensare

Oggi ho visto un film che mi ha fatto pensare. Solo per questa ragione meriterebbe di essere definito, non un bel film, ma un buon film. Forse una critica si può fare alla chiusura, al finale, molto... buonista.
 Sto parlano di "Un mondo migliore" di Susanne Bier. Il pregio del film, secondo me è quello di aver posto il problema della violenza. In senso generale. Ha senso la violenza nel nostro paese? Nella nostra epoca? Nella nostra società? E in altre società, in altri momenti e in altri paesi? Bella domanda. Domanda alla quale non credo sia facile dare una risposta senza rifugiarsi nei luoghi comuni della nostra educazione cattolica. Non credo sia facile rispondere senza ipocrisie, dando anche alla violenza e all'odio, da sempre considerati sentimenti negativi ed esecrabili, un valenza umana. Proprio così una valenza umana. Perché è fuori discussione che nell'animo umano alberghino, contemporaneamente, sentimenti di opposta tendenza. Beh io mi sento un po' manicheo, non credo nell'idea del bene che vince sul male. Credo di più a due forze opposte che si contrappongono, due forze contemporanee e indipendenti che si bilanciano in un tentativo continuo e feroce di sopraffazione. Così mi sembra più umano, molto più umano. Ho smesso da tempo di credere alla favola bella del bene che prima o poi sconfigge il male. E' davvero un'allegoria per poveri di spirito. Se fosse vero... 
Credo che ogni uomo abbia conosciuto moti di stizza, di ira, di odio, così come di empatia e di amore. Ecco per il fatto che ogni uomo conosca questi sentimenti, questi sentimenti hanno diritto di cittadinanza dentro di noi. Caso mai, il problema è imparare a gestirli. Ogni sentimento va gestito. Anche l'amore. Perché anche l'amore se incondizionato e totale può presentare qualche rischio. Imparare a gestire i propri sentimenti, quindi anche l'odio e la sua figlia primigenia, la violenza. 
Non si legga tutto questo come l'apologia del negativo. Sarebbe semplicistico e riduttivo. Caso mai occorre fare uno sforzo nel riconoscere la paternità di sentimenti dei quali, oggi, ci si vergogna, come di un figlio disturbato, come di un errore di gioventù. 
L'animo umano è certamente multiforme, policromo, eterogeneo. Ed è con questa natura variegata e multicolore che dobbiamo fare i conti, altrimenti diventa tutto troppo facile. Nel tentativo, fariseo, di circoscrivere tutto in una griglia mentale che semplifica che ordina, che facilita, la vita e il pensiero, si corre il rischio di perdere di vista la natura complessa, articolata, macchinosa e molteplice della mente umana. E condannare senza appello una parte di noi equivale a disconoscere un proprio figlio, solo perché non aderisce al pensiero dominante. 
Tornando al film, vorrei che chi l'ha visto, e dissente con me sul tema della violenza, mi spieghi a quale genere di reazione si può pensare difronte al signore della guerra che semina morte e violenza. Indignazione? Risentimento? Sdegno? Stizza? A essere sinceri mi pare difficile. A meno che di non pensarsi come un entomologo che dall'alto osserva con curiosità e attenzione, ma senza partecipazione la vita di un'altra specie. Ma noi non siamo degli osservatori. Magari vittime. Magari carnefici. Ma osservatori no.
Mi viene da pensare alle rare volte in cui le vittime si sono trasformate in carnefici. La Rivoluzione francese, ad esempio. Fiumi di sangue. E poi il terrore... Cose che a pensarle veramente fanno venire la pelle d'oca. Teste che rotolavano giù dalla ghigliottina ad una velocità impressionante. Due milioni di morti, agghiacciante. Ma quanti sono stati i morti in silenzio? Di fame. Di freddo. Di malattie. Nel grigio delle campagne. Per anni e anni oppressi dalle richieste di una monarchia sempre più ingorda e ignara del popolo e delle sue istanze. Sempre più insensibile alle proteste dei poveri. "S'ils n'ont plus de pain, qu'ils mangent de la brioche". 
Ecco l'insipida ironia di una donna veramente insignificante... Anche lo scherzo, l'ingiuria, la beffa, il vilipendio della miseria. Di che meravigliarsi allora che ci siano stati due milioni di morti? Oppure è più realistico pensare ad una reazione meno feroce? Ad una disposizione d'animo più... cristiana? Bisognerebbe andare a dirlo a tutti quelli morti di fame, di freddo e di stenti per tutti gli anni che hanno preceduto e determinato la Rivoluzione. Cosa mai ci sarà stato dietro tutto questo? Lo sdegno forse?
A questo punto sarebbe facile, troppo facile replicare che ci sono anche altri modi, meno cruenti, di affrontare battaglie epocali. Gandhi, per esempio. O Martin Luther King... Io preferisco pensare a Malcom X...
Non mi sembra il caso di porgere l'altra guancia dopo aver preso un ceffone. Anche perché chi mi ha dato il ceffone si sentirà autorizzato a darmene un altro. E la storia è piena di esempi in tal senso.
Ma da noi, oggi, cosa sta succedendo?

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